Pubblicato su Liguria Business Journal il 20 novembre 2014
In questi giorni di cordoglio e angoscia che seguono l’alluvione di buona parte del Nord Italia, riprendono vigore i dibattiti sul soil sealing, letteralmente “sigillazione del suolo”, e l’indiscriminata edificazione che interessa l’Italia.
Nel corso dei decenni passati sono stati avviati processi di monitoraggio dei flussi di cementificazioni, tra cui il più autorevole è l’europeo Corine Land Cover. I risultati emersi da queste ricerche sono sconfortanti, soprattutto per l’Italia dove ancora nei primi anni 2000 il territorio cementificato era in aumento con valori oscillanti tra lo 0,3% e lo 0,7% annuo. Ciò significa che l’urbanizzazione avanza e se nel 1951 solo il 2,8% della superficie nazionale era cementificata, nel 2010 questo dato aveva raggiunto il 6,9%.
Gli accademici sembrano concordi nel suggerire interventi di messa in sicurezza, di regolamentazione idraulica, di consolidamento dei versanti e di demolizione degli edifici più a rischio. Tali interventi però non possono essere attuati per la cronica mancanza di fondi, quindi la mancanza di intervento costringe il Paese ad investire nuovi maggiori fondi per la gestione delle emergenze alluvionali, creando un’emorragia di denaro che lentamente consuma il Belpaese.
Cosa fare allora per invertire questa tendenza?
Se non è certamente possibile espropriare e demolire migliaia di edifici è certamente più facile pensare ad agevolare le buone pratiche attraverso gli interventi dei privati.
In questo Paese sono presenti professionalità spesso sottovalutate, i topografi moderni operano con strumentazione GPS, con videocamere ad infrarossi, con droni che possono mappare punti inaccessibili. I modelli matematici dei software di calcolo permettono analisi che un tempo erano inimmaginabili ed è venuto il momento di sfruttare.
In questo momento di necessità si potrebbe avviare, in collaborazione con gli Ordini professionali di Geometri, Ingegneri, Geologi e Agronomi, un ciclo di monitoraggio del territorio, una mappatura degli interventi da realizzare per poi concedere importanti detrazioni fiscali ai privati che decidono di attuare gli interventi in proprio.
Nonostante il controllo assoluto della Pubblica amministrazione in materia di paesaggio, resta vivo l’interesse dei privati di tutelare le proprie abitazioni.
Il miglioramento del territorio deve avvenire attraverso la pulizia periodica dei rivi e dei torrenti, l’attività di conservazione dei versanti, dei boschi, delle aree verdi, nel recupero di quelle attività tradizionali che l’urbanizzazione ha cancellato.
Riprendere ad occuparsi dei terreni, spesso di proprietà pubblica, che versano in un grave stato di abbandono è il primo passo, a cui seguiranno i finanziamenti pubblici e le grandi opere idrauliche.
La Regione Liguria, nonostante il grande rischio appare in difficoltà dal punto di vista istituzionale ed è qui che appare certamente più utile l’intervento dei privati.
Dove non interverrà il proprietario del fondo rustico, come nel caso dei condominî, gli incentivi fiscali potranno favorire l’intervento di ditte specializzate, rilanciare un settore ormai in calo e fornire impiego ai giovani; evitare di attendere l’alluvione per realizzare qualcosa e dare l’avvio ad un processo di costante miglioramento.
La messa in sicurezza del territorio non si può attuare con un unico intervento risolutore, bensì con un percorso che coinvolga gli attori istituzionali, le professioni e in particolar modo i cittadini, gli stessi cittadini che si rimboccano le maniche quando c’è da spalare, quelli che desiderano certamente essere parte attiva della comunità.